Essere buoni genitori significa insegnare ai propri figli a identificare e gestire correttamente le proprie emozioni. Come fare?

Il primo presupposto è che per insegnare bene bisogna essere in grado di svolgere correttamente il compito in prima persona. Come tutti i grandi maestri, massimi esperti nella propria materia, formano i propri allievi donando e trasmettendo tutto il loro sapere. È importante conoscere le emozioni da un punto di vista teorico ma anche pratico, quindi è necessario saperle identificare, capire come funzionano, e solo infine, come vanno gestite.
Ma quanto i genitori di oggi sentono di governare consapevolmente il loro mondo emotivo e ritengono di poterlo trasmettere correttamente ai propri figli?
Gli innumerevoli impegni di vita e lavorativi, oltre ai numerosi stimoli e attività a cui è sottoposto l’intero nucleo familiare mette a dura prova anche il genitore più attento e volenteroso, rischiando di far emergere pensieri di incompetenza e inadeguatezza.
Sarebbe bello poter paragonare tale processo all’esame della patente di guida: prima si svolge la teoria comodamente seduti davanti ad un pc e successivamente ci si allena per la prova pratica, mantenendo un ottimo livello di sicurezza: ovvero l’istruttore guida insieme allievo, ma potendo governare o supervisionare i pedali principali, aiutando il candidato a diventare sempre più capace e competente. Invece i figli nascono già seduti al volante di una Ferrari sprovvisti di patente, e spesso i genitori si sentono altrettanto sprovvisti del manuale di istruzioni dei figli.
Nei primi mesi di vita di figli dipendono esclusivamente dai genitori, sia per il soddisfacimento dei bisogni fisiologici ma soprattutto a livello emotivo. Le loro emozioni sono il riflesso delle emozioni dei genitori, l’emisfero destro del neonato è collegato con un filo invisibile all’emisfero destro della mamma. Il processo prosegue e si compensa progressivamente con lo sviluppo della corteccia e l’aumento progressivo della componente razionale.
Lo sviluppo cognitivo ed emotivo avanzano inesorabilmente in modo congiunto e interdipendente, dove l’uno influenza inevitabilmente l’altro. Per questo si parla di intelligenza emotiva e di quanto essa vada protetta, poiché non promuoverla adeguatamente, potrebbe limitare e compromettere anche il QI dei propri figli.
Consiglio sempre ai genitori che incontro, di valutare e ascoltare bene le proprie emozioni. Spesso i figli rappresentano il riflesso delle emozioni dei genitori e questi ultimi non si accorgono inizialmente di quanto le loro emozioni influiscano sull’equilibrio dei propri figli. Se il genitore si rende conto di provare delle forti emozioni in alcune circostanze consiglio di valutare in primis un intervento individuale, di approfondire le cause che attivano loro stessi, prima di richiedere un cambiamento significativo al/alla figlio/a. Bisogna sempre ricordare l’effetto positivo che il proprio cambiamento può avere anche sul comportamento altrui e spesso alcune dinamiche relazionali genitore-figlio si disattivano proprio lavorando sul polo attivatore, che spesso è riconducibile ad eventi passati del genitore stesso.
La metafora di buona gestione emotiva
Tornando al tema della gestione emotiva dei propri figli, iniziamo col definire il concetto del contenitore emotivo: contenere significa accogliere, ma anche limitare e restituire, e qui mi rivolgo al sistema animale per poter descrivere meglio il processo. La mamma dei piccoli quando comprende che i propri cuccioli debbano essere sfamati, provvede a procacciarsi il cibo nelle zone limitrofe poiché questi ultimi non sono ancora in grado di procurarselo autonomamente. Crea quindi uno spazio sicuro all’interno del quale essi possono esprimere i propri bisogni e cerca di soddisfarli in modo adeguato. Quando la mamma trova il cibo, lo inserisce nel proprio becco per trasportarlo e mentre percorre la strada del ritorno inizia a predigerirlo per fare in modo che i propri piccoli possano ingerire e assorbire correttamente ciò che lei ha procurato per loro. Anche se il paragone potrebbe risultare un po’ crudo per qualche lettore, permette tuttavia di spiegare quanto sia fondamentale il processo di comprensione del bisogno del figlio, della capacità di risoluzione del bisogno e della restituzione di un contenuto accessibile che altrimenti rimarrebbe inutile o indigesto. Spesso i figli esprimono emozioni intense che risultano di difficile comprensione per i genitori, percependo ovviamente ancor più faticosa anche la loro gestione. In realtà dietro a quelle reazioni intense si nasconde sempre una valida ragione che va compresa e poi successivamente risolta.
Il processo appena descritto non è sempre semplice da comprendere e riproporre all’interno delle dinamiche familiari quindi a tutti i genitori che percepiscono delle fatiche nella gestione emotiva dei figli è consigliabile poter approfondire il tema con uno specialista, psicologo o psicoterapeuta per poter vivere più sereni e impostare un nuovo equilibrio.
Dott.ssa Francesca Colzani
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