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Immagine del redattoreFrancesca Colzani

Aggiornamento: 12 lug

In casi di crisi prolungate, è bene che la coppia acceda ad un percorso di psicoterapia per poter identificare e risolvere le dinamiche disfunzionali. Cosa fare quando uno dei partner non è disponibile o motivato?




In casi di crisi prolungate, è bene che la coppia acceda ad un percorso di psicoterapia per poter identificare e risolvere le dinamiche disfunzionali. All’interno del percorso sarà lo/a psicoterapeuta a valutare se alcuni aspetti legati alla storia di vita individuale influiscano negativamente sulle dinamiche relazionali, proponendo ad uno o a ciascun membro anche un percorso individuale.

 

La compartecipazione di entrambi i partner al percorso dichiara fin da subito la presenza di un buon livello di autocritica, flessibilità e disponibilità al cambiamento. Questo approccio fornisce maggiori garanzie verso la risoluzione del conflitto e il raggiungimento di un nuovo benessere.

 

E se il partner non volesse accedere ad un percorso psicologico?

Nel caso in cui uno dei membri della coppia non voglia cominciare un percorso di psicoterapia congiunto, può essere comunque utile iniziare un percorso individuale che miri ad approfondire la consapevolezza di sé, dei propri bisogni e di come promuoverne la soddisfazione. Il cambiamento individuale procura inevitabilmente un effetto a catena, innescando piccoli cambiamenti sulle dinamiche relazionali e nelle persone con cui interagiamo, come l’effetto di un onda generata dal un sasso caduto nell’acqua.

 

Quali sono i rischi per la coppia, se un solo partner cominciasse un percorso individuale?

Se un partner attiva un cambiamento e l’altro a modificar le proprie convinzioni e modalità di comportamento, può aumentare un rischio paragonabile a remare una barca con un remo solo avendo la sensazione di ruotare in circolo senza mai procedere in una direzione specifica. A quel punto, entrambi i partner della coppia potrebbero sentirsi più distanti e meno compresi fino a decidere di interrompere l’interruzione definitiva il proprio legame.

Per navigare bene è necessario collaborare, riconoscendo di avere due remi da usare in modo coordinato, ovvero di possedere pari forze individuali, spesso diverse per natura ma equipollenti, per riuscire a proseguire verso gli obiettivi condivisi.


Dott.ssa Francesca Colzani

Psicoterapeuta Sistemico Relazionale Familiare

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Aggiornamento: 9 lug

Essere buoni genitori significa insegnare ai propri figli a identificare e gestire correttamente le proprie emozioni. Come fare?


EMOZIONI: COME AIUTARE I GENITORI A PROMUOVERE UNA BUONA GESTIONE EMOTIVA NEI FIGLI - Dott.ssa Francesca Colzani

Il primo presupposto è che per insegnare bene bisogna essere in grado di svolgere correttamente il compito in prima persona. Come tutti i grandi maestri, massimi esperti nella propria materia, formano i propri allievi donando e trasmettendo tutto il loro sapere. È importante conoscere le emozioni da un punto di vista teorico ma anche pratico, quindi è necessario saperle identificare, capire come funzionano, e solo infine, come vanno gestite.


Ma quanto i genitori di oggi sentono di governare consapevolmente il loro mondo emotivo e ritengono di poterlo trasmettere correttamente ai propri figli?

Gli innumerevoli impegni di vita e lavorativi, oltre ai numerosi stimoli e attività a cui è sottoposto l’intero nucleo familiare mette a dura prova anche il genitore più attento e volenteroso, rischiando di far emergere pensieri di incompetenza e inadeguatezza.


Sarebbe bello poter paragonare tale processo all’esame della patente di guida: prima si svolge la teoria comodamente seduti davanti ad un pc e successivamente ci si allena per la prova pratica, mantenendo un ottimo livello di sicurezza: ovvero l’istruttore guida insieme allievo, ma potendo governare o supervisionare i pedali principali, aiutando il candidato a diventare sempre più capace e competente. Invece i figli nascono già seduti al volante di una Ferrari sprovvisti di patente, e spesso i genitori si sentono altrettanto sprovvisti del manuale di istruzioni dei figli.


Nei primi mesi di vita di figli dipendono esclusivamente dai genitori, sia per il soddisfacimento dei bisogni fisiologici ma soprattutto a livello emotivo. Le loro emozioni sono il riflesso delle emozioni dei genitori, l’emisfero destro del neonato è collegato con un filo invisibile all’emisfero destro della mamma. Il processo prosegue e si compensa progressivamente con lo sviluppo della corteccia e l’aumento progressivo della componente razionale.

Lo sviluppo cognitivo ed emotivo avanzano inesorabilmente in modo congiunto e interdipendente, dove l’uno influenza inevitabilmente l’altro. Per questo si parla di intelligenza emotiva e di quanto essa vada protetta, poiché non promuoverla adeguatamente, potrebbe limitare e compromettere anche il QI dei propri figli.

 

Consiglio sempre ai genitori che incontro, di valutare e ascoltare bene le proprie emozioni. Spesso i figli rappresentano il riflesso delle emozioni dei genitori e questi ultimi non si accorgono inizialmente di quanto le loro emozioni influiscano sull’equilibrio dei propri figli. Se il genitore si rende conto di provare delle forti emozioni in alcune circostanze consiglio di valutare in primis un intervento individuale, di approfondire le cause che attivano loro stessi, prima di richiedere un cambiamento significativo al/alla figlio/a. Bisogna sempre ricordare l’effetto positivo che il proprio cambiamento può avere anche sul comportamento altrui e spesso alcune dinamiche relazionali genitore-figlio si disattivano proprio lavorando sul polo attivatore, che spesso è riconducibile ad eventi passati del genitore stesso.

 

La metafora di buona gestione emotiva

Tornando al tema della gestione emotiva dei propri figli, iniziamo col definire il concetto del contenitore emotivo: contenere significa accogliere, ma anche limitare e restituire, e qui mi rivolgo al sistema animale per poter descrivere meglio il processo. La mamma dei piccoli quando comprende che i propri cuccioli debbano essere sfamati, provvede a procacciarsi il cibo nelle zone limitrofe poiché questi ultimi non sono ancora in grado di procurarselo autonomamente. Crea quindi uno spazio sicuro all’interno del quale essi possono esprimere i propri bisogni e cerca di soddisfarli in modo adeguato. Quando la mamma trova il cibo, lo inserisce nel proprio becco per trasportarlo e mentre percorre la strada del ritorno inizia a predigerirlo per fare in modo che i propri piccoli possano ingerire e assorbire correttamente ciò che lei ha procurato per loro. Anche se il paragone potrebbe risultare un po’ crudo per qualche lettore, permette tuttavia di spiegare quanto sia fondamentale il processo di comprensione del bisogno del figlio, della capacità di risoluzione del bisogno e della restituzione di un contenuto accessibile che altrimenti rimarrebbe inutile o indigesto. Spesso i figli esprimono emozioni intense che risultano di difficile comprensione per i genitori, percependo ovviamente ancor più faticosa anche la loro gestione. In realtà dietro a quelle reazioni intense si nasconde sempre una valida ragione che va compresa e poi successivamente risolta.


Il processo appena descritto non è sempre semplice da comprendere e riproporre all’interno delle dinamiche familiari quindi a tutti i genitori che percepiscono delle fatiche nella gestione emotiva dei figli è consigliabile poter approfondire il tema con uno specialista, psicologo o psicoterapeuta per poter vivere più sereni e impostare un nuovo equilibrio.  


Dott.ssa Francesca Colzani

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Immagine del redattoreFrancesca Colzani

Il ruolo delle aziende familiari nel tessuto economico e sociale italiano è fondamentale.

C'è chi le considera maggiormente resistenti al cambiamento e chi le ritiene più fragili da un punto di vista di ricambio generazionale. Approfondiamo il tema delle relazioni nelle aziende familiari per capire su quali aspetti puntare, per renderle forti e costanti nel proprio cammino di crescita.



L’80% delle imprese italianane sono aziende a gestione familiare e rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana. Sono quindi realtà professionali definite da relazioni forti e da obiettivi e aspettative che vanno ben oltre l’aver scelto semplicemente un lavoro da svolgere nella vita.

 

 

Aspetti peculiari: Risorse e rischi

 

Il 66% delle imprese familiari affida tutto il management ai componenti familiari.

 

Essere parte di in azienda familiare, a maggior ragione se storica o almeno di seconda generazione, può rappresentare una sentita fonte di opportunità, crescita ed entusiasmo. Ma….integrare e far coincidere le dinamiche familiari con quelle professionali è spesso un processo complesso soggetto a innumerevoli rischi o logoramenti causati proprio dalla difficoltà di interazione tra i due ambiti di vita.

 

Una alta percentuale delle aziende che concludono il loro cammino, sono esito di una inefficace coordinazione tra soci familiari o da relazioni conflittuali o poco funzionali tra diverse generazioni.

 

 

Come promuovere la crescita delle aziende familiari

 

Tutte le aziende hanno bisogno di essere accompagnate in un costante e produttivo processo di crescita ma ogni azienda è caratterizzata da dinamiche specifiche, da punti di forza e di fragilità diversi che spesso vengono sottovalutati nella speranza che tutto l’impegno svolto si traduca in obiettivi raggiunti e in una crescita costante. Sono proprio le aziende familiari che necessitano infatti cure e attenzioni tecniche, ovvero di essere affiancate con programmi specifici che raramente sono conosciuti dalle aziende, che dedichino la giusta attenzione alle dinamiche relazionali, alla corretta suddivisione dei ruoli e alla condivisione di obiettivi comuni e consapevoli.

 

 

Quando intervenire?

 

La prevenzione è sempre la strategia più efficace e potente. Non serve arrivare a momenti di crisi o difficoltà economica o strategica per decidere di attivare provvedimenti o programmi di rigenerazione.

 

Sapere in anticipo quale sia lo stato di salute complessivo di un azienda è il modo migliore per identificare le risorse o le eventuali difficoltà, per intervenire su queste ultime.

 

 

Campanelli d’allarme:

 

È importante iniziare a farsi domande specifiche come le seguenti:

 

  • Quanto tempo dedichi alla gestione delle dinamiche relazionali tra soci/collaboratori e dipendenti?

  • Il rapporto relazionale tra soci/parenti inficia le decisioni aziendali?

  • Riesci a far emergere e condividere le tue intenzioni/obiettivi in modo efficace?

  • I dipendenti hanno delle relazioni positive?

 

 

Quelli appena citati rappresentano i primi aspetti da rilevare per assicurarsi che il cammino della crescita aziendale sia o meno limitato da una serie di componenti che solitamente vengono riconosciute, ma definire di poca importanza, e che progressivamente possono comportare un abbassamento del rendimento personale e aziendale o addirittura la rinuncia del progetto aziendale.

 


 

Dott.ssa Colzani Francesca

 

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