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  • Immagine del redattore: Francesca Colzani
    Francesca Colzani
  • 4 gen 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

La dipendenza da videogiochi o Gaming Disorder: Quali sono i sintomi? Sono a rischio anche bambini e adolescenti?



L’adolescenza è un periodo fondamentale nella formazione dell’individuo. La transizione psicologica e neuro-biologica che caratterizza questa fase darà poi forma al cervello adulto. Durante questo periodo il cervello si modella, si definiscono le reti di connessione neurale che consentono all’individuo di acquisire competenze cognitive, emotive, relazionali e affettive, che rimarranno stabili per il resto della vita. La salute mentale è tra i capisaldi del benessere individuale.


Le malattie psichiche hanno importanti ripercussioni sul funzionamento individuale e sulla qualità di vita non solo della persona che ne è afflitta ma anche della società. Gli adolescenti sono particolarmente esposti ai fattori che possono favorire l’esordio e il mantenimento di tali patologie. Oltre ai fattori ben noti (droghe, stress, maltrattamenti e violenza, abusi), anche la tecnologia gioca un ruolo importante. Oggi, in Italia, circa 8 milioni e 200mila giovani tra i 12 e i 25 anni crescono in un mondo in cui al centro c’è la tecnologia digitale e per tale motivo sono definiti “nativi digitali”. Quasi il 95% tra 14 e 19 anni utilizza internet. 300mila giovani tra 12 e 25 anni soffrono di dipendenza da internet. Circa il 10% si dichiara insoddisfatto della vita, delle relazioni sociali (comprese quelle familiari) e della salute, e vivono difficoltà emotive, con prevalenza di forme depressive o ansiose. Una percentuale compresa tra l’1 e il 4% accusa problemi derivati dall’utilizzo della tecnologia. Gli adolescenti sviluppano dipendenza tre volte più degli adulti.


Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che l’utilizzo eccessivo di smartphone, gaming, internet e social network provoca effetti sullo sviluppo cerebrale. In particolare, negli adolescenti con dipendenza marcata da smartphone sono state osservate modificazioni della materia bianca (prevalentemente dei fasci di connessione cortico-subcorticali) simili, almeno in parte, a quelle riscontrate in soggetti con dipendenza da internet. Alcuni studi hanno segnalato ad esempio, un peggioramento sintomatologico nei bambini e negli adolescenti affetti da Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD). Diversi studi hanno analizzato gli effetti cognitivi dell’esposizione al gaming e hanno mostrato che i videogame migliorano l’attenzione visiva e la coordinazione, ma inducono a comportamenti impulsivi e aggressivi.



La dipendenza da videogiochi è quindi riconosciuta come una malattia vera e propria, con sintomi definiti e la necessità di una terapia.


Young (1998) e Griffiths (1998, 2000) sono stati i primi a proporre una definizione di “utilizzo problematico di Internet” o “dipendenza da Internet” (in inglese “Internet Addiction Disorder”, in acronimo IAD), conducendo diverse ricerche sul tema e definendola: l’insieme delle preoccupazioni, degli impulsi e dei comportamenti eccessivi o scarsamente controllati che scaturiscono dall’uso della Rete e che comportano alterazioni comportamentali o stressanti.


Nel DSM-5, la diagnosi di IAD, è definita come un comportamento ricorrente e persistente che porta a stress o a un peggioramento significativo.


Rientra tra le dipendenze da IAD, la dipendenza da videogiochi, nello specifico “Internet Gaming Disorder” che comprende la dipendenza da videogiochi sia online ed offline. Va detto che l’Internet Gaming Disorder è l’unica altra dipendenza comportamentale inserita, assieme al gioco d’azzardo patologico, nella sezione 3 del DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013).



Quali sintomi?

La manifestazione più evidente di questa patologia è la centralità che i videogiochi assumono nella vita di una persona: tutto ruota attorno al bisogno di giocare e all’incapacità di interrompere tale comportamento. Si possono manifestare inoltre alterazioni dell’umore – ad esempio un’alternanza tra stati d’euforia e d’eccitazione, stati d’apatia quando si è lontani dalla consolle– e il fatto che, quando non si può giocare, si sviluppa cattivo umore e irritabilità.


Possono subentrare anche sintomi più gravi, che si manifestano a livello fisico: cefalee, attacchi epilettici, ansia, depressione, perdita d’appetito, dimagrimento eccessivo. La fascia più a rischio rispetto allo sviluppo di questo tipo di patologia, riguarda soprattutto i ragazzi tra i 12 ai 16 anni, particolarmente sensibili ed orientati all’utilizzo della strumentazione tecnologica.



Cosa fare?

Partendo dal presupposto che possono verificarsi ovunque casi come quelli descritti, bisogna essere molto cauti nel comprendere ed agire preventivamente nei confronti di un tale fenomeno. Se la situazione però, sfugge di mano, è importante agire. Come?


1. Innanzitutto osservare come il proprio figlio reagisce agli stimoli che il videogioco offre. Ha disturbi del sonno? Inverte il ciclo giorno/notte? È più aggressivo o nervoso? Ha un calo dei risultati scolastici? È presente una diminuzione di attività sportive o ricreative? Quando si manifestano questi sintomi, il videogioco rappresenta un rifugio per fuggire da altre incombenze, da una realtà dolorosa o da una sofferenza fisica o psichica. Insomma, anche se non si è esperti del settore, osservare e monitorare la situazione può aiutare a prevenire comportamenti deleteri per la vita quotidiana.


2. Può avere senso interessarsi dei videogiochi, diventare partecipi di un qualcosa che magari non si comprende fino in fondo, giocando con i proprio figli con il fine di promuovere il dialogo ed il gioco narrativo, a spese di quello senso-motorio


3. Se esiste una dipendenza già riconosciuta, è importante rivolgersi ad un esperto psicologo che possa fornire alla famiglia consigli e mettere in atto un programma per ridurre l’uso dei videogiochi, ricorrendo per esempio a dei timer e avvisi che blocchino le partite dopo un certo numero di ore, e promuovendo attività di passatempo alternative da fare insieme, senza che nulla sia lasciato al caso.



Quali sono le cure ad oggi esistenti? Gli approcci per gestire l’uso patologico del web sono sostanzialmente gli stessi impiegati per gli altri tipi di dipendenza, e comprendono la psicoterapia, volte alla gestione degli impulsi e all’abitudine cui non si può rinunciare. L’intervento psicoterapeutico deve ridurre gradualmente il comportamento patologico, ma, al contempo, individuare delle alternative, sufficientemente gratificanti, che possano sostituirlo, aiutando il soggetto a superare le eventuali difficoltà socio-relazionali. Di solito, non è prevista la prescrizione di psicofarmaci, salvo nei casi in cui vi sia associato un importante livello di depressione. Il primo passo nel percorso terapeutico coinvolge quindi spesso i genitori, soprattutto nel caso in cui il giovane sia resistente o poco consapevole alla necessità di cura.



Dott.ssa Colzani Francesca

Psicologa Sistemico Relazionale Familiare

  • Immagine del redattore: Francesca Colzani
    Francesca Colzani
  • 30 lug 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Si parla spesso delle destinazioni adatte a trascorre le vacanze con i figli ma raramente si trovano consigli utili su quanto sia prezioso prepararle a livello emotivo e relazione affinché risultino davvero serene e piacevoli per genitori e figli.



Dopo un anno complesso come quello appena trascorso, a tratti estremamente complicato, le vacanze rappresentano il principale momento di riposo e di ricarica generale per adulti e bambini. Nonostante le ottime aspettative, a volte capitano momenti spiacevoli e carichi di nervosismi che rischiano di rovinare la serenità del nucleo familiare.



Perché non si riesce sempre a trascorrerle con serenità?


Capita spesso di arrivare al momento delle vacanze eccessivamente stanchi mentalmente e fisicamente a causa dei ritmi vertiginosi che spesso ci vengono richiesti. Conciliare lavoro, famiglia e attività extra non è semplice e capita spesso di sacrificare le attività legate allo svago per la paura di sovraccaricarci o di compromettere le dinamiche familiari. Ma siamo sicuri che questa sia la scelta più efficace sul lungo termine? Quali sono gli effetti della costante rinuncia ad attività come sport e amici? Anche se alcuni di noi sono cresciuti con la cultura del “prima il dovere e poi il piacere”, prendersi cura di sé e dedicarsi ad attività piacevoli, come ridere e aver una vita ricca di relazioni è un toccasana per la mente, riduce il rilascio di ormoni dello stress, la cui produzione costante ed eccessiva aumenta il rischio di depressione e può compromettere alcune funzionalità come memoria, attenzione e linguaggio. In poche parole stare bene è un impegno costante e la strategia di ricondurlo esclusivamente alle settimane di ferie estive non permette di raggiungere completamente l’obiettivo di ricaricarsi o trascorrere serenamente le relazioni con il partner e con i propri figli.



Come scegliere la vacanza adatta?


La scelta del luogo in cui trascorrere le ferie è sicuramente una decisione importante. Ci sono molte strutture adatte alle famiglie in grado di offrire ogni comfort e forma di attenzione alle esigenze familiari. Ma la regola migliore per definire correttamente la destinazione è sceglierne una che sappia rispettare i bisogni di tutti, grandi e piccoli. Non è necessario stravolgere le proprie abitudini, recandosi per forza al mare o in montagna perché “qualcuno sostiene che sia corretto farlo”. Non esiste la soluzione adatta a tutti ed è quindi bene sforzarsi a trovare la propria, affinando le proprie percezioni e competenze genitoriali per identificare quali soluzioni possano rispecchiare i propri gusti, permettono anche ai bambini di divertirsi rispettando i loro cicli di nonno-veglia, i rispettivi pasti e regolarità di queste funzioni. Tale processo permette ai genitori di essere felici e rigenerarsi in un ambiente rilassante o stimolante senza deprivare i propri figli degli elementi fondamentali per crescere, stando in relazione con i propri genitori.



Come si possono evitare i momenti di nervosismo familiare?


Condividere intere giornate per più giorni con i familiari è spesso un sogno che porta con sé profonde disillusioni se non prestiamo attenzione ad alcuni aspetti importanti. Il lockdown e la convivenza forzata hanno ricordato infatti a molti di noi quanto possa essere difficile stravolgere le proprie abitudini e le dinamiche relazionali. Tenere in mente che il cambiamento dalla vita quotidiana a quella tipica delle vacanze possa richiedere alcuni giorni di assestamento renderà il processo più realistico e automaticamente perseguibile a piccoli passi.


Ponderare bene le nostre aspettative permette di non cadere in piccoli tranelli emotivi come sperare di recuperare tutto quello che non si è potuto fare durante l’anno. Questo concetto è valido per tanti aspetti della nostra vita: alimentare, emotivo, relazionale. È quindi importante concedersi qualche eccezione ma senza esagerare nè con il cibo o con l’alcool, nè nello stravolgimento di orari che possano ripercuotersi negativamente sul benessere familiare creando nervosismi e fatiche a cui poi e inevitabile dover far fronte. I figli reagiscono direttamente a ciò che gli proponiamo e ai ritmi vitali a cui li sottoponiamo quindi è bene tenerne costantemente conto.


A livello genitoriale è importante anche non modificare radicalmente le regole educative, concedendo spesso sfizi o attività che nella vita quotidiana non sono permesse. Risultare contraddittori, concedendo libertà o regali in base ai momenti di euforia del genitore e non adeguate ai bisogni reali dei figli rende tutti apparentemente soddisfatti ed euforici ma la sensazione non è destinata a durare. I figli, infatti potrebbero non comprendere il meccanismo e richiedere insistentemente l’eccezione appena ricevuta creando successivamente capricci e discussioni.


Se capitano inoltre momenti di stanchezza a prescindere dal mantenimento delle buone e sane abitudini, perché è necessario un momento di distrazione o di riposo ulteriore, provate ad organizzarvi con il partner per impostare piccoli momenti alternati di autonomia per rigenerarvi. La comunicazione e la coordinazione genitoriale rappresentano le risorse migliori da utilizzare in coppia e promuovere una genitorialità efficace e gratificante.



Dott.ssa Francesca Colzani

Psicologa sistemico relazionale familiare

Terapista EMDR


 
 
 
  • Immagine del redattore: Francesca Colzani
    Francesca Colzani
  • 19 mag 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Un esempio semplice e concreto per spiegare cos'è e a cosa serve la terapia familiare.




Parole di un papà durante una seduta familiare...


Dopo i numerosi attacchi di panico emersi nelle ultime due settimane, Giulia (13 anni) ammette e comunica un tema di preoccupazione profonda rispetto alla paura di deludere i propri genitori.

Faccio una domanda al padre per capire cosa sa e che spiegazioni si dà rispetto alle cause che fanno emergere questo sintomo (domanda a cui non risponde). Chiedo il motivo: alza gli occhi e non parla... poi dichiara: "Sa dottoressa io non ci credo nella psicologia, non volevo nemmeno venire, mi spiace se la offendo." (la ragazza inizia a piangere intensamente)

Io: "Guardi non si preoccupi, ho le spalle larghe, lei non è il primo e non sarà l’ultimo a pronunciare queste parole."

La seduta prosegue e la ragazza dichiara che a volte i genitori si sono arrabbiati a seguito di qualche brutto voto ricevuto a scuola. Chiedo alla figlia di descrivermi gli episodi a cui fa riferimento. Giulia cerca di parlare ma non riesce... cerco di aiutarla con domande chiuse per avere semplicemente dei ‘si o no’ come risposte. È bloccata nel parlare, le lacrime aumentano, parte l’attacco di panico....

Il padre rimane immobile, fermo, una statua di sale nonostante fosse seduto di fianco alla figlia. Piano piano l’attacco si riduce e riprendiamo proprio da lì, dal dato reale, dal sintomo, che non si può non vedere. Il dato reale è estremamente tangibile.


Non c’è da credere o meno nella psicologia. La psicologia non è magia e non è religione. Non si chiede di credere o meno ad essa, ma di riuscire a vedere la sofferenza dei figli (a volte così evidente e di estrema sofferenza come gli attacchi di panico), di riconoscere l’importanza del proprio ruolo genitoriale e di conoscere e riconoscere gli strumenti che si hanno a disposizione per cambiare la situazione di disagio e sofferenza che a volte si crea. Qui non si giudica e non si combatte una battaglia, qui si impostano affinati ‘giochi’ di squadra familiari per risolvere efficacemente ciò che fa star male, per poter star meglio.

Gli eventi faticosi accadono, ed il regalo più bello che si può donare ai figli, è quello di essere in grado di affrontarli senza pensare di essere soli o sbagliati, ma supportati e spronati correttamente per imparare a volare!


Dott.ssa Francesca Colzani

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