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  • Immagine del redattore: Dr.ssa Francesca Colzani
    Dr.ssa Francesca Colzani
  • 17 mag 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

A quali livelli di stress sono stati sottoposti negli ultimi mesi medici, infermieri, operatori sanitari, volontari, forze dell’ordine e tutti gli operatori coinvolti nell’evento sanitario che ha sconvolto il mondo? Quali conseguenze psichiche ed emotive potrebbero manifestarsi in seguito a questo periodo?


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Cos'è il burnout?


Il burnout è un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo.


È importante che tutti coloro che si occupano della salute e della sicurezza altrui abbiano le forze, le energie e la serenità di svolgere in modo efficace il proprio ruolo professionale. gli alti livelli di stress, il costante stato di emergenza, la fatica fisica e mentale e i possibili traumi a cui sono stai sottoposti negli ultimi mesi, potrebbero aver compromesso tali risorse ed è quindi necessario riuscire a riconoscere e identificare gli indicatori di tale sindrome al fine di poter ripristinare il prima possibile un equilibrio funzionale e un nuovo stato di benessere.



Come si manifesta inizialmente il burnout?


È solitamente caratterizzata da un rapido decadimento delle risorse psicofisiche e da un peggioramento delle prestazioni professionali. Non si manifesta quasi mai in modo improvviso, ma è il risultato di un processo graduale che si sviluppa nel tempo.

All'inizio, il lavoratore si trova a sostenere con forte impegno le mansioni che gli vengono assegnate, allo scopo di mantenere le proprie capacità di rendimento. Tuttavia, il forte carico di lavoro associato a poche fasi di riposo può tradursi in un vero e proprio sfinimento psichico.

Nella maggior parte dei casi il burnout, si sviluppa in modo subdolo: spesso, chi ne soffre non se ne accorge e considera normali i primi campanelli d'allarme, come insonnia, cefalea, mal di stomaco, insofferenza per i turni e poca motivazione per lo svolgimento dell'attività lavorativa.

Un segno caratteristico del burnout è che il lavoratore non riesce a recuperare nonostante le possibilità di riposo (la sera, nel fine settimana, in vacanza ecc.).

Pertanto, il lavoratore che ne è soggetto, arriva al punto di "non farcela più" e si sente completamente insoddisfatto e prostrato dalla routine quotidiana.



Quali sono i sintomi che possono far ipotizzare questo tipo di sindrome?


· Livello Cognitivo/Emotivo: distacco emotivo, trascuratezza degli affetti e delle relazioni sociali, importanza eccessiva data al lavoro, demotivazione a lavoro, difficoltà di concentrazione, irritabilità e senso di colpa.

· Livello Comportamentale: aggressività, abuso di alcool e sostanze, mancanza di iniziativa, assenteismo.

· Livello Fisico: emicrania, sintomi respiratori, insonnia, inappetenza, disturbi intestinali, senso di debolezza.

Nel tempo, il burnout può condurre ad un distacco mentale dal proprio impiego, con atteggiamento di indifferenza, malevolenza e cinismo verso i destinatari dell'attività lavorativa.


Il burnout non va sottovalutato, considerandone i sintomi passeggeri e poco importanti: la demoralizzazione e la negatività per il proprio contesto possono sfociare, talvolta, nella depressione e in altri disturbi più complessi da affrontare.

La sindrome da burnout è ormai molto conosciuta ma in un periodo storico come quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi ha reso molto difficile poter attivare le modalità di prevenzione individuali (sonno regolare, alimentazione, attività fisica, etc) e professionali (porti obiettivi e turni di lavoro ragionevoli), soprattutto nelle regioni maggiormente colpite. È quindi possibile che possano aumentare significativamente in questo periodo il numero di persone che ne soffrono.



Come si cura il burnout?


È bene intervenire tempestivamente se si rilevano alcuni dei sintomi sopracitati per evitare che si sviluppino conseguenze più invasive come la depressione o si compromettano significativamente altre aree della propria vita come l’area relazionale (coppia, genitorialità e amici), oltre a quella lavorativa.

È importante riuscire a comprendere le cause che hanno contribuito all’esordio di questa sindrome per aiutare la persona a recuperare le risorse necessarie nel minore tempo possibile. La psicoterapia può essere un ottimo strumento per poter favorire il recupero di un nuovo equilibrio e nuovo stato di benessere.





 
 
 
  • Immagine del redattore: Dr.ssa Francesca Colzani
    Dr.ssa Francesca Colzani
  • 4 apr 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 18 apr 2020

Come si diventa genitori ai tempi del Coronavirus? Quali sono le difficoltà che ci si trova inevitabilmente ad affrontare? Ci sono anche risorse e aspetti positivi che è possibile apprezzare?



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“Il 5 marzo ho partorito ma nell’aria c’era già qualcosa. Il primo contatto con i timori e le paure legate al Coronavirus li ho avuti appena dopo il parto, con le visite dei familiari proibite all’ospedale”


“Il problema però, è che nessuno poteva venire a trovarmi, solo una persona poteva essere presente e una volta entrata in reparto e nella stanza non poteva più uscire. Mio marito è stato più di 10 ore senza mangiare, e sono tutte misure di precauzione adottate per scongiurare contagi da Covid”


“E’ una situazione strana, difficile, ma per fortuna sto bene. Se avessi avuto dei problemi fisici non so come avrei gestito tutto. Il mio controllo post parto ad esempio è stato rimandato, ma sono in stretto contatto con la mia ostetrica e questo mi rassicura.”


“E’ un insieme di cose, non poter uscire, non poter far vedere il bambino, sapere che qualsiasi cosa succeda al bimbo appena nato così come al primo non si può correre in ospedale è molto difficile. Sono situazioni che di certo non facilitano la vita a chi ha appena partorito, così come a chiunque”.


“Quello che doveva essere il periodo più bello della mia vita si è trasformato in angoscia. Spero solo che vada tutto bene, così dopo potrò godermi il mio primo bambino".


Queste le parole di alcune mamme che sono in attesa o hanno appena partorito durante l’emergenza Covid-19 .


La gravidanza, il parto e il post-parto sono periodi moto delicati per le donne e per l’intera famiglia anche in tempi normali. Mille preoccupazioni e aspettative si mischiano in un unico momento, gioie e paure, aspettative e preoccupazioni. Medici e professionisti dell’area ostetrica e psicologica affiancano mamme e papà lungo il cammino attraverso visite, consulenze e corsi specializzati di formazione e cercano di farlo anche ora che diventa oggettivamente tutto più complicato.




Come si diventa genitori ai tempi del Coronavirus? Quali sono le difficoltà che ci si trova inevitabilmente ad affrontare? Ci sono anche risorse e aspetti positivi e che è possibile apprezzare?


Questa fase della vita è vissuta in modo molto personale, e questo dipende tendenzialmente dalla modalità individuale e relazionale strutturata precedentemente alla gravidanza. Di solito la gravidanza si associa all’aspettativa di un lieto evento ma le incertezze che caratterizzano il periodo sono accentuate dal fatto che le madri si sentano sempre più inesperte e impreparate ad affrontare questo evento, poiché non è sempre scontato aver visto accudire un neonato nel corso della propria vita. A volte a causa di questa inesperienza non ci si sente pronti ad affrontare tutti i passaggi e gli imprevisti che si presenteranno o a trovare una modalità educativa personalizzata e condivisa con il padre. I tempi di svolgimento di questo processo sono lunghi e variabili, in base alle competenze e alle risorse che ogni donna possiede e al rapporto che ha stabilito con il compagno.



Il ruolo del padre


Lo si dice ancora troppo di rado ma i padri hanno un ruolo fondamentale fin dal concepimento,

il loro modo di relazionarsi con la madre, la loro capacità di accudimento e rassicurazione influenza notevolmente lo stato di tranquillità e sicurezza della madre ed è forse il più importante elemento di prevenzione rispetto all’insorgere di ansia, baby blues e depressione post partum.

Per quanto una donna possa cercare di arrivare preparata al parto, solo dopo averlo vissuto potrà sperimentare alcune specifiche caratteristiche di sé in relazione all‘evento. La possibilità di effettuare un parto naturale o di dover ricorrere al cesareo possono sottoporre le donne ad un livello di stress inaspettato che si potrebbe ripercuotere sulle tappe successive: allattamento, serenità, competenza nel gestire il pianto del bambino. Ci sono aspettative che, nel momento in cui vengono disilluse, possono trasformarsi in ostacoli emotivamente insormontabili. Ogni mamma è speciale e così lo sarà il rapporto che si instaurerà tra la madre e il neonato/a.

Può essere molto utile parlare delle proprie aspettative con il partner, senza timore di sentirsi inadeguate e senza la paura di sentirsi banalizzate. Se ciò dovesse accadere, cercate di identificare una persona con cui poter condividere questi pensieri perché vi aiuterà a sentirvi comprese, serene e sicure di come affrontare tutto ciò che realmente avverrà.

Come si promuove il legame di attaccamento sicuro


Tra mamma e bambino si possono stabilire diverse modalità relazionali e tra queste la modalità più adatta e positiva per la crescita del bambino è quella che viene definito attaccamento sicuro.

Tale modalità consiste nel riuscire a rappresentare per il bambino un ‘contenitore’ rassicurante e adeguatamente accudente rispetto alle sue necessità: alimentazione, accudimento fisico, igiene, gioco. Se la mamma è tranquilla e serena nello svolgimento del proprio ruolo sarà in grado di comprendere ciò di cui il figlio avrà bisogno e di dare a lui/lei tutto ciò di cui ha bisogno usando i gesti adeguati e un tono di voce fermo e rassicurante. Ricordiamoci che non si nasce mamme, ma lo si diventa con il tempo e quindi ci vuole il tempo necessario per poter arrivare a questo tipo di risultato, soprattutto se si tratta del primo figlio.



Disturbi d’ansia, baby blues e depressione post-partum


Può accadere che dopo il parto si accentui o abbia esordio una sintomatologia ansiosa o depressiva.

Disturbi d’ansia: La sintomatologia dell’ansia post-partum è simile a quella dell’ansia “normale” ossia possono presentarsi stati più o meno lunghi e continui di paura e preoccupazione costante, pensieri negativi ricorrenti e a volte anche episodi di attacchi di panico, insonnia e mancanza di appetito. Quella che sembra essere la maggiore fonte di preoccupazione è la salute e la sicurezza del bambino, questo fa parte dell’essere mamma e tenuto ai giusti livelli è del tutto normale. La situazione però sfocia nell’ansia quando questo atteggiamento diventa eccessivo e provoca tensione sia nella donna che in suo figlio.


Baby blues: Il baby blues (dove “blues” sta per malinconia), può infatti essere considerato una reazione caratterizzata da un’indefinibile sensazione di malinconia, tristezza, irritabilità ed inquietudine, che raggiunge il picco 3-4 giorni dopo il parto, ma fortunatamente tende a svanire nel giro di pochi giorni. E’ una condizione benigna causata dalla brusca caduta dei livelli estro progestinici, si manifesta nei primi 10-15 giorni dopo il parto, e tende a risolversi spontaneamente. Si manifesta circa nel 50-80 % delle donne.


Depressione post partum: La depressione post-partum colpisce circa il 10-15% delle donne durante il primo anno di vita del bambino. Può manifestarsi subito dopo il parto, con maggiore frequenza 4-6 mesi dopo il parto. La neomamma è in questi casi colpita da uno stato di malessere profondo ed invalidante, che si può manifestare con una sensazione di tristezza continua, ansia, paura, senso di inadeguatezza e colpa, di fallimento ed inutilità, mancanza di entusiasmo, irrequietezza o perenne stanchezza, perdita dell’appetito e del sonno, preoccupazione ingiustificata ed eccessiva nei confronti del bambino o al contrario totale disinteresse verso il neonato.

Nonostante a volte tali condizioni si esprimano con sintomi molto evidenti, non è sempre scontato che la madre se ne accorga in autonomia. Spesso la sensazione di dovercela fare o la paura di non poter chiedere aiuto mettono in condizioni di andare avanti inesorabilmente senza fermarsi o ascoltarsi con sincerità.

Spesso si osservano quindi mamme molto nervose o molto lascive, il tutto nascosto da una forte stanchezza che si protrae per un lungo periodo. Diventa evidente il motivo per cui le persone che vivono intorno alle madri abbiano il dovere di osservare e indagare meglio tali aspetti emotivi e comportamentali per garantire che la madre e il bambino stiano al meglio. Anche il bambino può essere un riflesso di uno stato emotivo attivato della madre, di solito i neonati che non percepiscono un livello di cure sufficientemente adeguato si presentano nervosi e inconsolabili, con alterazione del sonno e della sensazione di fame/sazietà.


Diventare genitori ai tempi del Coronavirus


Alcune mamme avranno l’occasione di vivere questa esperienza in totale condivisione con il partner. Alcuni papà sono costretti a lavorare da casa e questo aiuta a condividere fin da subito ciò che serve per ingranare la marcia giusta. Per altre mamme la situazione potrebbe essere molto più complicata: potrebbero risultare maggiormente a rischio se il partner è costretto ad assentarsi da casa per tutto il giorno. La madre infatti potrebbe sperimentare un senso di solitudine e inadeguatezza ancor più accentuato che potrebbe aumentare il rischio di sviluppare una sintomatologia ansiosa o depressiva.

È importante accogliere e identificare il più velocemente possibile tali condizioni per promuovere il benessere della mamma e del bambino, attraverso un affiancamento adeguato di personale medico, ostetrico e psicologico che possa aiutarvi a gestire l’arrivo del nuovo piccolo in casa e viverlo come avevate sempre desiderato, ovvero come il momento più gratificante della vostra vita.


 
 
 
  • Immagine del redattore: Dr.ssa Francesca Colzani
    Dr.ssa Francesca Colzani
  • 13 mar 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 18 apr 2020

Ci troviamo in un momento storico e sociale particolarmente difficile dalle tinte incerte. Non sappiamo ancora quanto durerà e l’impatto che tutto ciò avrà sul singolo e su tutta la comunità cittadina, italiana, europea e mondiale.



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Eventi come questo hanno il potere di riuscire in breve tempo ad annullare qualsiasi differenza e a far crescere le uguaglianze. Non esistono più titoli, ruoli e distanze, il mio vicino di casa in questo momento ha lo stesso valore di Trump perché il virus non guarda in faccia nessuno, colpisce tutti allo stesso modo.

Alcuni di noi hanno ritenuto che niente di tutto questo ci avrebbe mai riguardato, altri invece erano terrorizzati che questo prima o poi potesse accadere. Ad ogni modo questo evento si è verificato e ha comportato un forte cambiamento nelle abitudini di ognuno di noi: i bambini hanno smesso di andare a scuola, alcuni genitori hanno smesso di andare a lavorare, non si può più uscire di casa e non si possono svolgere svaghi se non quelli attuati dentro le mura domestiche.


Non tutti hanno la fortuna di effettuare questi cambiamenti con il supporto di parenti stretti, alcuni di noi stanno sperimentando in modo significativo un senso di solitudine difficilmente sostenibile.

Paura e adattamento

Diventa chiaro che in questo momento a tutti è richiesta una fase di adattamento obbligatoria che non è sempre facile attuare in modo veloce ed efficace. La specie umana si distingue dalle altre proprio per le sue alte capacità di adattamento all’ambiente esterno, ma i tempi di tale processo devono essere rispettati e , se possibile, agevolati.

Come avrete visto, nei primi giorni successivi ai primi contagi si sono verificate alcune reazioni impulsive dettate dal panico: tanti hanno assaltato i supermercati svaligiando gli scaffali di beni di prima necessità ma non solo, altri hanno continuato a frequentare i locali serali ritenendosi invincibili nei confronti dell’ormai conclamato pericolo, attivando dei comportamenti oggettivamente irresponsabili nei confronti di se stessi e degli altri.

Coloro che sono riusciti a mantenere attive e coordinate le parti emotive e razionali hanno preferito informarsi e ponderare le proprie azioni, consapevoli delle fatiche che tali cambiamenti avrebbero comportato. Anche questi ultimi hanno avuto paura, è indiscutibile ed è funzionale per la nostra sopravvivenza.


Le emozioni ci servono e mantengono la loro funzione adattiva solo se riescono ad essere percepite nelle giuste quantità. La paura aiuta a proteggerci e ci permette di non ricadere negli stessi errori, teniamolo a mente. Smette di essere utile quando si trasforma in panico, perché quest’ultimo blocca troppo o attiva in modo irresponsabile. Quando percepiamo il panico stiamo utilizzando prevalentemente il canale emotivo e perdiamo l’uso bilanciato della parte razionale.

Cosa significa questo? Che tutti ci spaventiamo e che i tempi di adattamento sono diversi per ognuno di noi. La fase del panico sembra ormai quasi essersi risolta, il colpo è stato assorbito ed ora sembra aprirsi davanti ai nostri occhi la fase in cui rimboccarsi le maniche e decidere con calma come programmare la nostra quotidianità da oggi in avanti.


Cambiamento e futuro

Certo, perché da oggi è evidente che siamo e saremo una società nuova. Non si può mai tornare indietro, nessuno torna ad essere quello che era, il cammino di crescita è costante e inarrestabile e noi dobbiamo agevolarlo. Ogni evento, positivo e negativo che accade nella vita, ha il potere di creare o cambiare la nostra essenza, le nostre connessioni neurali. Alcune si rinforzano, altre si creano, altre si indeboliscono, e ciò che preme a me come a tutti i miei colleghi, è quello di fare in modo che i singoli eventi non rimangano semplicemente ‘vissuti’, ma che assumano un significato definito nel proprio percorso di vita, un continuum lungo il quale si riesca a collocare in modo coerente anche un evento forte come questo. Alla fine di tutto questo saremo chiamati a guardarci indietro e a chiederci che cosa ha rappresentato per ognuno di noi questa pandemia. Cosa mi ha insegnato? Cosa mi ha lasciato di positivo e di negativo? Cosa penso di me oggi a ripensare a quei momenti? Che sono stato debole, forte, importante per i miei cari, che sento di non aver più il controllo delle cose, che non sono in grado di sopportarlo?

Ognuno avrà il proprio vissuto con cui fare i conti….. e la risposta sarà diversa per ognuno di noi.

Ci saranno imprenditori sfiduciati, dipendenti preoccupati, medici che ripenseranno alle vite perse e a quelle salvate, qualcuno avrà perso parenti senza poterli nemmeno salutare all’ospedale ne al funerale, ci saranno bambini, figli di medici in prima linea, che avranno avuto paura di perdere i propri genitori poiché li vedevano poco e li vedevano stanchi e preoccupati, ci saranno bambini confusi e spaventati perché ascoltando la TV, a volte anche da soli, che non avranno saputo gestire le innumerevoli informazioni in modo ponderato. Una spiegazione comprensibile a loro va data, ognuno di loro sa che c’è il Coronavirus e porterà con sé questo ricordo, del periodo che è stato a casa da scuola in cui non si poteva uscire di casa.

Chiedere aiuto

Bene e allora cosa possiamo fare? Abbiate cura di voi e riflettete: se qualcosa vi turba e sentite che vincola in modo significativo il vostro comportamento e la vostra serenità non esitate a chiedere aiuto, nè ad un parente nè ad uno specialista. Tanti professionisti come me si sono attivati per sostenere le persone attraverso gli strumenti digitali, perché per fortuna o sfortuna il 2020 porta con sé risorse e limiti.


Usiamo le risorse come la tecnologia e non lasciamoci sopraffare dai limiti che sta mettendo in luce questo periodo. I limiti, se li affrontiamo, servono spesso per crescere e diventare persone migliori!
 
 
 
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